Paths...senza sosta.
Giorni complicati, nuovamente complicati. Giorni pieni fino allo sfinimento perché così deve essere perché così non si pensa... o quasi.
Non conosco altri metodi ed allora giù di attività, giù di sport fin quando ce n'è e giù anche di vita, quella che passa come un tiepido vento che riscalda per qualche attimo il cuore.
La corsa in tutto questo sgomita con le altre attività che senza senso apparente si accavallano una dietro l'altra. Percorsi differenti uniti da un unico sottile filo.
E' il caso dello scorso weekend dove dopo un venerdì passato a correre un 4x2000 a 3'35''/km, il sabato è dedicato alla mia amata montagna, quella stessa montagna che mi ha cullato in tutti questi mesi. La domenica poi si è ricominciato con sveglia sempre fissa alle 6 per la prima avventura di ferrata della mia vita.
Emozioni vere dove adrenalina e muscoli la fanno da padrone. Brividi nel vedere il precipizio durante una calata in corda doppia ma fredda voglia di andare avanti, ancora avanti, di osare sempre di più. Sentire la calda roccia sotto le mani, cercarne sulla sua dura superficie le fessure, le crepe dove infilare le dita e tirarsi su mantenendo l'equilibrio. Si torna un po' selvaggi, si torna un po' animali dove contano soprattutto i sensi, regole di gioco alle quali non siamo più abituati.
E' così che i tagli alle mani sono trofei, il dolore ai muscoli una piacevole sensazione, la paura del vuoto un ricordo sempre più lontano. Tatuaggi indelebili questi. Tatuaggi intrisi di un inchiostro che solo l'esperienza vissuta dona.
Con questa discutibile filosofia ecco che lunedì sera, uscito da lavoro alle 20 e con la testa piena di impazziti pensieri, decido di mollare le briglie e provare a fare un riconciliante lungo. Corro da casa verso il grande fiume, come ormai faccio da diverso tempo e trascino il fisico già stanco per altri 20 km.
Martedì la scena si ripete, stessa uscita tardiva da lavoro, stessi pesanti pensieri e stessa voglia di aggredire ancora e ancora il bollente asfalto cittadino. Mille volti incrociati, mille fantasmi ed altre ripetute lunghe, controllate che si trasformano in brevi e rabbiose fino a collassare ancora una volta e tornare a passo di lento verso casa.
Un continuo martellare quel metallo che colpo dopo colpo vedo cambiare, indurito dal freddo, indurito dagli allenamenti, indurito soprattutto dal tempo.
Eppure quei pensieri non si scrollano di dosso. Tornano come fossero ormai compagni di vita, tornano per ammonirmi o forse semplicemente per beffarmi approfittando di momenti di debolezza.
C'è che bisogna andare più veloce, c'è che bisogna allenarsi anche stasera impugnando con forza quel martello cercando di piegare ciò che non vuole andarsene. Il perché poi devo ancora capirlo...
C'è che non smetterò di correre e arrampicare e andare su per nevai e ghiacciai fin quando non troverò pace. C'è anche che questo mio incedere mi costringe spesso a dover star da solo perché mal si concilia con la placida vita di chi mi sta intorno e non comprende quanto cerco di spiegare. Un errare in cerca di qualcosa il mio, uno sfiancarsi fisicamente per dissipare la voglia e la forza che altrimenti non avrei modo di gestire, una insaziabile voglia di trovare la mia strada, nonostante tutto.
Ed è così che anche stasera altri 23 km sono andati. Altre martellate secche. Avanti così... senza sosta.
Ed è così che anche stasera altri 23 km sono andati. Altre martellate secche. Avanti così... senza sosta.